La rabbia è un sentimento intenso e primordiale. La letteratura, i miti antichi e la religione associano spesso questa emozione a figure potenti, nobili o divine (l’ira di Achille, la furia di Orlando, l’ira di Dio, ecc). Da una parte arrabbiarsi è una condizione che si lega al senso di giustizia, alla violazione di leggi e norme, è quindi un’idonea reazione ai torti e alle offese. Chi si ribella viene ritenuto forte, coraggioso e di animo generoso. Dall’altro lato c’è la visione opposta, di cui si ritrovano ugualmente esempi nella religione e nella filosofia, secondo cui l’ira è un vizio capitale, per cui arrabbiarsi diviene inaccettabile, pari ad un peccato, non ammissibile neppure quando giustificato.
Che arrabbiarsi non faccia troppo bene alla salute, fisica e mentale, è abbastanza risaputo, ma non è solo per la salute che si cerca di gestire questo sentimento. Tutte le emozioni espresse in maniera eccessiva non sono funzionali, ma la rabbia fa paura. Essa ci carica di energia e di coraggio, porta all’azione e accieca la vista. In preda alla furia potremmo essere capaci di fare cose pericolose e perdere il controllo di noi stessi.
E’ così che si forma in noi il conflitto tra espressione ed inibizione della rabbia. E’ più giusto sfogarsi, manifestare la propria emozione, il proprio disappunto, o è preferibile mantenere la calma? In fondo arrabbiarsi è umano.